27 nov Interior Styling: gli oggetti del desiderio
Abbiamo parlato di Interior Styling e Set Design con Annalisa Bressan, stylist di Studio Indoor per le fotografie e i render del settore Arredo e Design
Ciao Anna. Partiamo dalle basi: cos’è l’interior styling?
L’interior styling è una fase del processo di costruzione dell’immagine, specificatamente per il settore arredo e design.
Il direttore creativo ha in testa l’intero progetto, il concept. Lo stylist recepisce l’input dalla direzione creativa e restituisce una sua interpretazione.
Quindi le possibilità creative dello stylist sono limitate?
Sì e no. C’è sempre comunque un’identificazione personale in ogni progetto.
In che momento l’interior Stylist inizia a immaginare il set fotografico?
Aspetta, facciamo un po’ di chiarezza. Interior Stylist e Set Designer coincidono spesso, come nel mio caso, ma parliamo comunque di due specializzazioni differenti. In ogni caso, io parto dalla progettazione e la costruzione dell’ambiente, per passare poi all’interior styling. Per me è un processo naturale.
Come avviene questo processo?
Per prima cosa osservo il prodotto insieme al direttore creativo o al fotografo, per capire la migliore angolazione dalla quale fotografarlo o renderizzarlo. A quel punto disegno lo schizzo proprio da quell’angolazione, e intorno costruisco l’ambiente.
Poi consegno questo strumento all’allestitore o al 3D artist, che realizza il set.
Come prende forma lo schizzo?
Innanzi tutto dipende da cosa vogliamo mettere in evidenza: estetica, materiali, funzionalità o caratteristiche differenzianti.
Nello schizzo (o sketch), il set designer definisce già lo stile che si vuole trasmettere all’immagine.
Poi l’interior stylist rinforzerà il messaggio. Perché di fatto lo styling è una fase di consolidamento più decorativa: si concentra sui colori delle pareti, sulla fantasia della carta da parati o sulla scelta dei props da inserire nella scenografia.
…Gli “oggetti di scena”, i props, servono quindi a rendere l’immagine realistica.
La scena deve essere credibile, ma non per forza realistica. Sarà realistica se quello è il messaggio che arriva dalla Direzione Creativa.
Il mio lavoro deve creare desideri in chi guarda. Se attraverso l’immagine riesco a muovere corde emotive, se riesco a portare l’osservatore a figurarsi per un attimo dentro la scena, a fargli pensare “vorrei abitare qui, vorrei trasformare la mia casa in questo modo”, ho creato l’identificazione.
Qual è lo scopo dell’identificazione?
Far scattare il desiderio, che è fonte di energia vitale e motore di mercato.
Per questo il nostro lavoro è sempre creativo, per ritornare alla domanda precedente.
Dove trovi i props?
La figura del trovarobe in teatro era quella che si occupava di recuperare tutti gli oggetti necessari per costruire la scena. All’inizio del mio percorso lavorativo come interior stylist era quello che facevo: uscivo dallo studio con un’immagine in testa e iniziavo a cercare.
Ma a quel punto non ero nemmeno la stylist, ero più propriamente un’art buyer. Ecco, è preferibile che queste due mansioni restino separate secondo me, per permettere all’interior stylist di concentrarsi sull’organizzazione della scenografia e della creatività.
Come funziona la ricerca dei props per i render invece?
Ci sono diversi siti web che vendono modelli. L’oggetto viene modellato da un professionista e messo in rete. A quel punto tutto il processo di ricerca è simile, anche se avviene online e il magazzino si trasforma in database.
In questo caso le figure art buyer e interior stylist sono più sovrapponibili: trovo spesso io l’oggetto, lo passo al 3D artist, che lo acquista e lo inserisce nella scena.
Cosa cambia quando lavori in location?
In quel caso la scelta viene fatta a monte, quindi non mi occupo più di set design ma solo di interior styling. E mi porto dietro tutta l’oggettistica che potrebbe servire.
C’è una gerarchia negli oggetti che disponi sulla scena?
Quando guardi il set pronto da allestire ti rendi conto che ci sono equilibri da rispettare. È fondamentale bilanciare i pieni e i vuoti e restituire armonia attraverso la composizione.
Nella gerarchizzazione di oggetti e complementi lavori per istinto, con una legge imprescindibile: mai oscurare il prodotto.
Può capitare di dover sacrificare dei props accuratamente selezionati per dare più importanza al prodotto?
È forse la parte più difficile del mio lavoro, e l’esperienza fa la differenza. Faccio questo mestiere dall’86, l’ho anche insegnato, ho lavorato fianco a fianco con tanti collaboratori diversi, con tanti talenti. Ma sul fronte della composizione d’immagine, posso dire che una persona diventa matura in circa 10 anni.
La capacità di mettere in equilibrio props e prodotto arriva dopo quella immaginativa.
Quanto è reale il rischio che il tuo lavoro di creazione e ricerca sparisca?
Noi dobbiamo essere duttili e interpretare le esigenze di tanti clienti diversi. È la caratteristica dell’interiori styling. Non dobbiamo essere autoreferenziali.
Però sì, è un aspetto complicato, anche e soprattutto emotivamente. Lavori tanto, immagini, fai ricerca, aggiusti. Ma, dopo lo shooting, in 2 ore “quelli” ti smontano tutto e il “tuo” set non tornerà più.
A quel punto puoi avere la sensazione che non si tratti più un mestiere concreto, materiale. Personalmente ci ho messo almeno 5 anni a capire che è l’immagine a dovermi soddisfarmi, non il set. Quando il catalogo alla fine funziona, la gioia è di tutto il team, ha vinto la squadra.